14 gennaio 2007

LA RICERCA DELLA FELICITA’


LA RICERCA DELLA FELICITA’
Nulla di nuovo in questa storia dal sapore tutto a stelle a strisce. La trama è quella classica del self-made-man, dell'uomo che si fa da se. Un uomo (Will Smith) che dopo essere arrivato ad un punto morto nella sua attività di venditore, dopo essere stato abbandonato dalla moglie, aver perso soldi, macchina e casa non si dà per vinto. Finisce a dormire con i poveri ma continua a seguire un corso da stagista in uno degli studi di brokeraggio più importanti della città e a dispetto delle difficoltà incontrate, riesce ad emergere.
Quello che c'è di nuovo è che a dirigere questa storia c'è un regista italiano ( Gabriele Muccino ) . Uno sguardo europeo sull'america delle opportunità.
Allora invece di parlarvi della trama (che troverete con facilità ovunque), mi piacerebbe raccontarvi del rapporto che viene raccontato fra padre e figlio. Un rapporto forte nonostante le avversità. Un rapporto d'amore, ma mai melenso. Belle le scene che li ritraggono insieme: l'adulto che per forza di cose torreggia accanto al bambino, ma che prende tutte le sue forze proprio da quel bambino che ha solo bisogno di sentirsi protetto.
La scena nella metro, con loro seduti distanti (perchè nelle difficoltà tendiamo ad allontanarci) che si avvicinano sull'onda di una storia, di una favola, che edulcora la realtà e la fa sembrare migliore.
La scena in cui il bambino perde l'unico giocattolo che ha, ma non può tornare a prenderlo perché devono correre al ricovero dei poveri altrimenti rischiano di rimanere a dormire per strada.
Muccino racconta la storia dal punto di vista delle difficoltà, non si sofferma neanche un attimo a farci vedere come diventa il protagonista dopo essere diventato ricco. Solo una scritta in sovrimpressione ci dice quello che è successo. La macchina da presa segue il protagonista che esce dall'ufficio dove ha ricevuto la notizia che è stato assunto, e corre per andare ad abbracciare suo figlio, quel figlio a cui ora potrà dare un futuro migliore.
Che dire: i soldi non daranno la felicità ma aiutano a migliorare la vita.
Ecco lo slogan con cui accompagnerei la visione del film.
Film in cui difficilmente riusciamo ad immedesimarci con il protagonista, perché da noi non può succedere che uno che non ha nulla ad un certo punto si trovi all'apice di un impero, a meno che non decida di diventare disonesto.
Allora perché andarlo a vedere ed esserne fieri?
Perché speriamo che un certo cinema italiano smetta di produrre brutti film e brutte storie.
Perché sentire un americano essere fiero di essere diretto da un italiano mi riempie di orgoglio.
Ma soprattutto perché Muccino sta dimostrando che il nostro modo di fare cinema può essere ancora all'altezza di reggere il giudizio internazionale.

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